Il secondo governo Berlusconi, al fine di ridurre il lavoro nero, introdusse nel 2003 il buono lavoro (detto voucher) come strumento di retribuzione del lavoro accessorio, cioè di quelle prestazioni lavorative non riconducibili a contratti di lavoro.
L’utilizzo di tale sistema di pagamento ha però conosciuto tali e tanti abusi che la CGIL ha promosso un referendum per l’abrogazione della normativa in materia.
In particolare, la CGIL ha raccolto 3,3 milioni di firme in materia di lavoro che riguardano oltre la predetta abolizione dei voucher anche le modifiche all’art.18 dello “Statuto dei lavoratori” sui licenziamenti illegittimi al fine di riottenere la tutela prevista dall’art. 18 estendendola alle imprese sotto i 15 dipendenti. Terzo referendum abrogativo richiesto dai sindacati è quello relativo alle norme sulle limitazioni introdotte sulla responsabilità solidale in materia di appalti.
.La Costituzione italiana, all’articolo 75, riserva l’iniziativa referendaria ai cittadini. Nel dettaglio, con le firme di almeno 500 mila più una di aventi diritto di voto si può proporre “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”.Dopo la raccolta firme la parola sarà la Corte Costituzionale a controllare la legittimità delle richieste referendarie.
Sulle richieste di referendum abrogativo avanzate tramite la CGIL la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il referendum sull’art. 18 in quanto, a causa del suo carattere propositivo, di fatto propone una nuova norma e quindi lo rende estraneo alla funzione meramente abrogativa assegnata all’istituto di democrazia diretta del referendum.
Tale decisione, naturalmente, ha suscitato notevole reazione nel mondo del lavoro tale che è prevedibile un nuovo tentativo di referendum abrogativo. Al riguardo, hanno fatto discutere le parole del Ministro del Lavoro Poletti, che ha ipotizzato un rinvio, di fatti ha dichiarato: “Mi sembra che l’atteggiamento prevalente sia quello di andare a votare presto, quindi prima del referendum sul Jobs Act”.
La Consulta, invece, ha dato il via libera agli altri due referendum. Il più importante naturalmente è quello sui voucher, i buoni lavoro ampliati e modificati con il Jobs Act per i quali il Governo ha già dato disponibilità per intervenire in materia al fine di riformare la norma e quindi di evitare il referendum..
Nonostante le trattative degli ultimi giorni non si è arrivati comunque ad un accordo tra Sindacati e Consiglio dei Ministri che quindi ha dato il via libera per il Referendum abrogativo ed ha fissato la data del 28 Maggio 2017per la sua consultazione.
Il Referendum indetto è di tipo abrogativo, quindi per essere valido c’è bisogno che venga raggiunto il quorum ovvero il 50% più uno degli aventi diritto al voto e nel caso in cui non si raggiungesse questa percentuale il Referendum non passerà. Nulla a che vedere con il Referendum Costituzionale indetto dal precedente Consiglio dei Ministri nel 2016 dove gli elettori a prescindere dal flusso di votazione avrebbero raggiungo un risultato positivo o negativo.
La scelta del 28 Maggio come data del Referendum potrebbe portare ad un accorpamento con le elezioni amministrative, che si dovrebbero svolgere tra il 15 aprile e il 15 giugno.
Il Consiglio dei Ministri non si è espresso sulle amministrative, ed è ipotizzabile che si voti per eleggere i nuovi sindaci dopo la metà Maggio, con un accorpamento che così sembrerebbe essere la scelta più logica per evitare sperperio inutile di denaro pubblico. Se ci sarà un accorpamento, allora il raggiungimento del quorum per il Referendum sul Jobs Act potrebbe realizzarsi.
Sarà un Referendum importante sul fronte del lavoro per tutti gli italiani che ancora una volta sono chiamati alle urne per dover scegliere quale sia la scelta più consona, se scegliere di abrogare voucher e responsabilità in solido di appaltante – appaltatore oppure confermare ambo le cose.