Dopo Nizza qualcosa è cambiato e denota una rotta non priva di contraddizioni e pericoli.
Partiamo dalla cosa positiva: “stranamente” nel conteggio dei morti non è stato inserito il terrorista assassino (almeno in buona parte dei servizi), un atto di rispetto nei confronti delle vittime innocenti che in maniera molto tardiva è arrivato a toccare le coscienze di alcuni giornalisti.
Questo aspetto non riguarda il doveroso rispetto per chi ha perso la vita ma anche come fino ad ora erano considerati i terroristi. Finché saranno conteggiati insieme a coloro che hanno ucciso, ci sarà sempre un legame tra la loro azione ed in parte essere loro stessi vittime.
E’ un’attitudine che la stragrande maggioranza dei media non ha mai lasciato, come a volersi sentire superiori ai giochi di potere che innescano queste atrocità ma che in realtà li lasciano parte attiva di una manipolazione sociale che scarica sulle vittime parte delle colpe degli assassini.
Forse finalmente qualcuno si è svegliato.
Un altro aspetto non abbastanza sotto le luci della ribalta è quanto avvenuto alla commemorazione delle vittime: uno spontaneo linciaggio postumo dell’attentatore, nel luogo della sua neutralizzazione. Rifiuti pietre e insulti sul luogo dove è stato neutralizzato l’assassino.
Questa esecuzione virtuale a Nizza non può lasciare indifferenti. Qualcosa di nuovo sta maturando nella percezione dei singoli e non è positivo. Abbiamo sempre visto con una certa distanza nelle piazze dei Paesi mediorientali manifestazioni con lanci di scarpe, pietre ecc. rivolte a simboli dei nemici del momento e ora sono i cittadini francesi a fare lo stesso.
E’ questo un campanello di allarme importante che sta dimostrando una crescente rabbia repressa che non a caso somiglia a quella di chi ci attacca.
Le riposte sono nelle istituzioni. Non nell’elenco degli attentati sventati che lascia il tempo che trova, bisogna abbandonare il politically correct che ci ha portato a questo punto di rottura con i nostri valori, lasciando lontano i populismi biechi e inutili, chiamare la popolazione ad una nuova fase della vita democratica di un Paese in cui sarà necessario vigilare, rendere responsabili i cittadini delle loro libertà per spingerli a lottare per mantenerle. Farli uscire dall’oblio che ha avvolto l’Europa preoccupata più dei diritti degli altri che della caduta dei suoi.
Non una chiamata alle armi ma ad una partecipazione cosciente a quello che c’è in ballo perché in Europa si da troppo tutto per scontato.