Intanto, le scelte turche stanno diventando sempre più un elemento decisivo per il futuro della guerra in Siria. Al pari dei sauditi, i turchi vogliono una Siria a guida sunnita, quindi senza Asssad che è Alawita. La Turchia sembra essersi impantanata in Siria ed in una posizione difficile. Nonostante i rapporti stretti con i sauditi (tre visite ufficiali turche in un anno) Ankara prova a mantenere un equilibrio senza schierarsi completamente al fianco di Riyad. La Turchia è membro NATO, il che significa che una guerra in cui la Turchia scenda in campo potrebbe avere conseguenze di portata maggiore con una sorta di effetto a catena. E non bisogna sottovalutare il rilievo delle sue tensioni interne con l’estremismo islamico che pare avere assunto un peso notevole. La Turchia ha riallacciato i rapporti con Israele, interrotti dal 2010, ma non ha rotto con l’Iran nemmeno dopo la crisi internazionale creata dall’Arabia Saudita con l’esecuzione diNimr al-Nimr, importante leader religioso sciita.
Turchia ed Iran non hanno rotto le relazioni diplomatiche nemmeno dopo la crisi provocata da Riyad con lo scopo di isolare diplomaticamente Teheran. Per la Turchia l’Iran è un importante partner commerciale, soprattutto dopo la fine delle sanzioni. Il gas iraniano è un’alternativa fondamentale a quello russo, inoltre la Turchia è un canale fondamentale per portare il greggio iraniano verso i mercati occidentali. Nonostante quello che vorrebbero i sauditi, sembra che turchi ed iraniani non vogliano andare oltre una rivalità regionale, tuttavia la Turchia sembra davvero in bilico, in difficoltà. Il citato estremismo islamico turco, ad esempio quello dei Lupi Grigi, è già sul campo in Siria, combattendo contro Assad a volte tra le file dell’ISIS. I recenti attentati in territorio turco non sembrano essere avvenuti a caso, ma potrebbero essere stati precisi segnali al governo. Non va infatti dimenticato che secondo la costituzione turca l’esercito ha il compito di difendere la laicità dello Stato.